martedì 22 gennaio 2013

Maometto e Carlo Martello

Oggi se parla de Arabi e Franzosi.

Carlo Martello
Tutto cominciò con gli arabi, quegli arabi che in breve tempo avevano fagocitato l'intera penisola iberica, quegli stessi che secondo Henri Pirenne avevano fatto crollare il sistema del mondo antico, dividendo il mondo mediterraneo dal resto d'Europa.
ʿAbd al-Raḥmān ibn ʿAbd Allāh al-Ghāfiqī, governatore di al – Andalus, nell'anno 731 si spinse con le sue truppe in Francia. Non si sa se si mosse di propria volontà o se venne chiamato da Oddone I, duca d'Acquitania contro Carlo Martello, il maggiordomo di palazzo dei sovrani Merovingi di Francia.
Le fonti ci dicono che una volta messo piede in territorio franco questi arabi si abbandonarono al saccheggio e alle ruberie (incendiarono ad esempio la città di Bourdeux e le sue chiese). Devastarono il territorio fino alla città di Poitiers, lì finalmente trovarono pane per i loro denti.
Carlo, detto successivamente Martello poichè aveva schiacciato e respinto l'esercito musulmano come un martello, li attendeva con un esercito di Franchi, Bavari e Sassoni a piedi e a cavallo.
La vittoria fu dalla parte dei franchi, in rotta gli arabi sopravvissuti fuggirono.
Non si conoscono di preciso le perdite sappiamo però che furono ingenti.
Nella battaglia morì anche ʿAbd al-Raḥmān ibn ʿAbd Allāh al-Ghāfiqī.

Immaginiamo ora che la battaglia abbia un esito differente, inaspettato. La cavalleria araba ha la meglio sull'esercito franco. L'esercito cristiano si sfalda e fugge a rotta di collo per salvarsi. Carlo non fa in tempo a ordinare la ritirata e perisce sotto le armi dei musulmani.
Poitiers è perduta. Tenta un'inutile difesa, ma nel giro di pochi giorni, anche senza macchine d'assedio gli arabi irrompono e la devastano. Accumulano grande bottino e si allontanano. Le porte della Francia sono aperte, soprattutto a sud, nella Settimania, già conquistata dagli arabi nel 719. Gli arabi si trovano in mano un territorio molto esteso che va dal Mediterraneo fino all'Atlantico, ma anche in questo caso puntare alla capitale Lutetia si rivela una mossa azzardata e rischiosa. Lo sbocco naturale dell'invasione diventa allora l'Italia. La penisola non è affatto uno stato unitario e organizzato, gli arabi approfittano delle divisioni e penetrano in profondità nell'entroterra italiano.
Il primo popolo con cui si scontrano è quello dei Longobardi, i quali si trovano al momento senza capo. Liutprando, il re, si trova a Benevento, nel sud, per motivi politici.
Conquistata la capitale Pavia i musulmani hanno davanti a loro una situazione che ben conoscono. Malgrado in Italia esista un re, esistono anche tutta una serie di poteri locali, più o meno influenti sul territorio, che insidiano il potere regale e allo stesso tempo lo indeboliscono.
Nel 734, con l'arrivo di truppe fresche dalla Spagna, l'Italia centro settentrionale, si può definire sottomessa e pacificata sotto un unico governatore.
Dall'altra parte del mare nel 717 la flotta araba viene distrutta nel secondo assedio di Costantinopoli, ma le incursioni non cessano. Bisanzio non riesce a controllare due fronti: si trova costretta ad abbandonare le colonie italiane al loro destino.
Gli arabi scendono fin nel Lazio. E' il 736 l'anno in cui i musulmano entrano in Roma. Il papa Gregorio III non può più fare affidamento sui Longobardi, men che meno sui franchi.
Da Roma il passo è breve: i ducati di Spoleto e Benevento vengono conquistati negli anni successivi , così la colonia bizantina di Sicilia.
Da Venezia si spostano lungo la penisola balcanica occupandola in parte, chiudendo così l'accesso all'Adriatico via terra ai Bizantini.
Possiamo affermare allora che attorno al 740 il Mediterraneo è letteralmente un mare arabo.

L'impatto di questa conquista senza precedenti è notevole. La chiesa cristiana che si sta dibattendo tra scismi e divisioni viene spazzata via da una religione nuova per l'Europa. Non ha possibilità di progredire nella sede di Alessandria o di Antiochia, è semplicemente destinata a sparire.
Costantinopoli non è caduta, si erge ancora come baluardo culturale e religioso, ma la sua fine si avvicina, molto prima del 1453.
Pochi rifugi di civiltà europea rimangono al nord: forse Londra, sicuramente Parigi, le antiche città romane Colonia e Treviri, e per finire più ad oriente Kiev. Ma è difficile pensare che da queste città possa nascere una rinascita culturale, civile e artistica. E' ipotizzabile invece una regressione. Senza la direzione di un potere religioso forte, come lo sarebbe stata la chiesa di Roma senza gli arabi, le comunità di Celti, Sassoni, Variaghi ecc ritornano alle loro antiche usanze, imbastardite ormai dai riti cristiani.
Si vanno cos' ad evidenziare e delinearsi due mondi ben distinti: uno arabo e musulmano, l'altro nordico e pagano.
 

mercoledì 9 gennaio 2013

Clades Variana



Teutoburgo è stata forse una tra le più importanti battaglie svoltasi sotto il principato di Augusto.
Ai confini settentrionali del grande impero romano i barbari premevano al confine. Dopo che Tiberio , il figlio adottivo di Augusto, aveva conquistato la parte settentrionale della Germania, i territori tra il Reno e l'Elba erano diventa una provincia che Augusto affidò a Publio Quintilio Varo.
Ma il giogo romano non piaceva a questi popoli liberi e affidandosi alla loro grande conoscenza dei territori ebbero la meglio su tre legioni.
La foresta sconosciuta ai romani divenne la loro tomba
Terminato il periodo delle operazione belliche, Varo conduceva le sue truppe ai campi invernali, per svernare appunto. Si muoveva in territori sconosciuti, guidato da guide locali, che, segretamente, erano d'accordo con Arminio, capo dei cherusci.
Le guide portarono le tre legioni dritte dritte nel cuore della foresta di Teutoburgo. Tra paludi e acquitrini fu il massacro.
La battaglia durò tre giorni: i romani stremati dal freddo, dalla pioggia e dalla marcia cadevano uno dopo l'altro. Il terzo giorno cadde anche Varo che si trafisse con la propria spada.
Il solo Arminio, con una coalizione di Cherusci e Bructeri (e altri) aveva annientato tre legioni ( XVII, XVIII, XIX) e qualcosa come 5000 ausiliari.
Quando la notizia si seppe a Roma, scrive Svetonio: "...dicono che Augusto si mostrasse così avvilito da lasciarsi crescere la barba ed i capelli, sbattendo, di tanto in tanto, la testa contro le porte e gridando: "Varo rendimi le mie legioni!"
Non si sa se la disperazione di Augusto sia invenzione del biografo o realtà, quel che è certo è che con la disastrosa sconfitta l'impeto e la forza di espansione romana si fermò in quelle remote regioni del Reno.


Questo è quello che ci insegna la storia, che il passato è immutabile. Ma se solo per un'attimo provassimo a chiederci che cosa sarebbe successo se le cose fossero andate in maniera diversa, quali scenari alternativi avrebbe creato la storia?
Siamo nel campo della pura speculazione che dalla storia prende solamente spunto.
Se Augusto non avesse posto Varo come governatore... Se Arminio non si fosse ribellato ai Romani... Se i romani non si fossero addentrati nella foresta... Se i romani avessero vinto la battaglia...
A veder bene nel dettaglio credo che le possibili premesse siano molte di più, ma quello che interessa è il passato alternativo più probabile.
Come già detto la sconfitta fu un punto di arresto per l'espansione romana che dovette accontentarsi di quel che già possedeva. L'impero era effettivamente molto vasto, e mai si era visto prima d'ora un'entità simile (se si esclude l'impero di Alessandro il Macedone, il quale però fu parecchio effimero). Tutto questo era dovuto non solo all'organizzazione (bellica in primis) romana, ma anche alla loro cultura pragmatica. Ogni volta che venivano sconfitti i romani si rialzavano più motivati di prima e ogni affronto subito lo facevano pagare caro. Erano nanetti dalla memoria lunga.
Con queste caratteristiche i romani erano i predatori del mondo umano, conquistatori per natura.
Se avessero sconfitto Arminio, o se la battaglia non fosse mai avvenuta, molto probabilmente il Reno sarebbe stato scavalcato con grande facilita. Non sarebbe stato facile attraversare i territori polacchi, anche durante i mesi estivi, ma fino ad un certo punto ce l'avrebbero fatta.
La conquista ha uno scopo: sottomettere una paese rivale e/o impossessarsi delle risorse e delle ricchezze del dato paese. Proseguire alla cieca in territori poveri e freddi non avrebbe avuto senso, abbandonati allora i territori dell'attuale Polonia (ornando i confini con fortificazioni) si sarebbero diretti nell'attuale Ucraina, cingendo il mar Nero da nord, e da sud (con la contemporanea conquista della Galizia e Cappadocia in Turchia negli anni a venire).
L'impero avrebbe così assunto una forma più estesa e più compatta. Non avrebbe più avuto il problema dei Germani al confine (ma solo come alleati interni), al loro posto sarebbero subentrati Sciti e Sarmati, abili cavalieri, ma troppo dispersi per poter essere una vera minaccia.
Una maggiore estensione avrebbe significato l'ampliamento delle province e degli organi amministrativi. Forse non si sarebbe giunti alla fatale ma necessaria divisione tetrarchica di Diocleziano e di conseguenza nemmeno alla bipartizione Occidente/Oriente, divisione che portò alla morte l'impero. Unito avrebbe retto con maggior vigore alla carica unna.
L'impero sarebbe durato forse oltre il 476 ma non credo per molto. Sarebbe caduto per cause interne allo stesso impero, cause che nemmeno la forza dei romani sarebbe riuscita a contrastare.


L'Europa romana, come sarebbe potuta essere.